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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254894
Saltini, Guglielmo Enrico 30 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

’arte immaginativa pronta singolarissima. Le opere sue principali furono il casino di Weill-im-Kloster; un tempio assai bello di forma circolare sopra

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dell’istituto. Le cose sue principali sono la chiesa d’ordine dorico ai bagni di Montecatini (1824), la loggia reale per le pubbliche feste tutta in

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, oggi propositura del suburbio senese (1828), e la facciata della chiesa dell’educatorio di Santa Maria Maddalena in quella istessa città sono sue

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Livorno la vasta Casa Pia di Lavoro, che immaginò e diresse, sono le sue opere principali. Ma entrati in quel luogo per forza d’arme nel maggio del

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in Firenze nel 1849. Sono anche sue opere molto lodate, il prosciugamento del lago di Bientina con botte sotto l'Arno, e la nuova cinta delle mura di

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principii falsi e corrotti dei suoi tempi, sebbene contemporaneo del Canova, non la fece avanzare d’un passo. Perchè in tutte le opere sue, i monumenti

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sue opere fatti dallo stesso Canova tanto parco encomiatore. Se la fortuna avesse fatto gareggiare il Ricci con altri artisti di pari valore, forse

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scultura. Dire quali fossero le sue prime opere, i suoi studj artistici, i viaggi che intraprese anche in regioni straniere non è da questo luogo; basti a

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sue leggi immortali. Nè il severo stile di queste opere lo avea distolto dal modellare la fanciulla che accarezza le tortore (1831), soavissima

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diligenza e finitura. Le cose sue più pregiate sono un putto esprimente l’inverno, un San Giovannino e una leggiadra Psiche sedente. Nè vuolsi tacere che

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Firenze, come pure quelli bellissimi della Tribuna di Galileo, mostrano chiaramente come tutte le molte altre sue opere, quanto abbia gusto nel disegno

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d’Europa posseggono le stupende opere sue, e ricco sopra ogn’altro ne è il nostro, ove la sola Venere decomponibile, basterebbe a farne durevole la

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addetto al R. Museo. Le sue preparazioni di animali, di piante, di fiori e di frutti, gli organismi vegetabili, e quant’altro in somma può essere utile allo

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tempo, a noi basterà ricordare una delle opere sue tenute allora più belle, quella macchinosa cupola della basilica di San Lorenzo, certi dell’aver

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qual tempo si rese finalmente alla patria. Ivi tra le altre si ricordano le sue storie d’Apollo dipinte a fresco nella sala della villa Mansi a

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primi, come mostrano le sue pitture della sala di Giove nella galleria de’ Pitti. Questi fu pure maestro assai reputato nella nostra Accademia.

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dotto uomo, e riuscì egregio nel comporre, ma debole nel colorito e nella forma, come quello che il più di sovente disegnava le sue figure di maniera

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. E il progresso ha da considerarsi in lui tanto maggiore, quanta più verità e studio della natura traspare nelle sue opere. Oggi una lodevole scuola

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contentò di trovare meglio che il vero l’effetto. Meritano nondimeno tra le cose sue particolare ricordo, certe tele dipinte per adornare le pareti di un

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prima fanciullezza fece manifesta la mente nell’immaginare feconda, e la mano prontissima a delineare sulle carte, con fieri e parlanti segni le sue

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finire del passato secolo) fu buon frescante e assai dipinse nelle case dei privati cittadini e nelle chiese. Ricordiamo le sue pitture della sala

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bulino degno di ricordanza onorata. Vero è che le opere sue e dei suoi contemporanei, in mezzo a molti pregi, risentono di una certa tal quale asprezza

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frutto dalle sue belle fatiche, a trentaquattro anni fermò stanza a Brompton presso Londra. E sebbene colà avesse allora grido lo Strange, il Bartolozzi

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migliori sue opere d’intaglio si annoverano gli affreschi celebri del mentovato Camposanto, per lui ridotto all’antica bellezza, pubblicati da MolinieLandi

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, divenne artista piuttosto unico che raro. Le prime sue opere furono la Poesia e la Teologia, cavate da due tondi dipinti nel Vaticano dall’Urbinate, per

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decoroso nelle masse, più conseguente nell’interno spartimento delle sue fabbriche, meritò giuste lodi. La facciata dello spedale di Bonifazio Lupi da

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terzo. Tra le sue stampe si ricorda anche con lode Cefalo e Procri tratta da un quadro del Benvenuti. — NICCOLÒ PALMERINI genovese (n. 1779, m. 14

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del Sanzio, e il ritratto di Carlo V, che è da noverarsi colle opere sue migliori. In procedere di tempo venuto a Firenze, fece per Luigi Bardi

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sue opere vogliono ricordarsi un Angelo del Maratta per la illustrazione della Galleria di Torino, un ritratto, dal Domenichino, quello del P. Vincenzio

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giardino di Boboli ed è chiamata della Meridiana, una delle cose sue più stimate, e da paragonare solamente a quelle dei migliori tempi dell’arte. Fece

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